Tartaruga uccisa e affondata legata a un sasso a Taranto
Associazioni, pescatori e partner del progetto per la salvaguardia della tartaruga marina TartaLife, condannano il barbaro episodio di bracconaggio
“Un atto orrendo e ingiustificato. Uccidere a colpi di remo una tartaruga Caretta caretta e poi affondarla appesa a un sasso per non farla riaffiorare è un’azione crudele e senza senso. Un esemplare ferito perché finito nella rete o nelle nasse dei pescatori, può essere recuperato e consegnato ai tanti centri di recupero lungo il litorale. Ma i pescatori di frodo oltre a non rispettare le regole che permettono di salvaguardare la biodiversità, si accaniscono anche contro animali inermi”.
Così Rossella Muroni, presidente nazionale Legambiente ha commentato la notizia giunta da Taranto, che ha sollecitato sdegno e rabbia tra gli ambientalisti e i ricercatori, come tra i pescatori che collaborano da anni a TartaLife, il progetto europeo finanziato attraverso il fondo LIFE+, che ha l’obiettivo di ridurre la mortalità delle tartarughe marine durante le attività di pesca professionale.
“Per fortuna – ha continuato Alessandro Lucchetti del CNR-ISMAR di Ancona, capofila del progetto – a fronte di alcuni casi come questo, ci sono numerosi pescatori che in linea col progetto TartaLife si impegnano quotidianamente per salvaguardare questi esemplari, sperimentando anche l’uso di reti e palangari opportunamente modificati per evitare la cattura accidentale delle tartarughe.
Ogni anno infatti circa 50mila esemplari di tartarughe marine vengono catturate per errore nei mari italiani; circa 10mila non sopravvivono; la maggior parte viene controllata e reintrodotta in mare direttamente dai pescatori mentre alcune centinaia vengono curate nei centri di recupero distribuiti lungo la costa. Il mare Adriatico risulta essere l’area a maggior rischio (con circa 24mila episodi di cattura all’anno) per le tartarughe marine che frequentano in massa i bassi fondali ricchi di nutrimento. Tuttavia, anche nello Ionio, nel basso Tirreno e nel Canale di Sicilia le catture accidentali sono tutt’altro che rare, a causa, prevalentemente, delle reti da posta utilizzate dalla piccola pesca costiera e delle reti a strascico – responsabili di oltre 20mila episodi di cattura ciascuno – e dei palangari che, con oltre 8.000 catture anno rappresentano uno degli attrezzi da pesca più impattanti.
Il progetto Tartalife è finanziato dalla Commissione Europea attraverso il programma LIFE ed è cofinanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali – Direzione Generale Pesca e dalla Regione Marche, con lo scopo di tutelare le tartarughe marine nelle 15 regioni italiane che si affacciano sul mare; il capofila del progetto è il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) – Istituto di Scienze del Mare di Ancona che coordina le azioni degli altri partner coinvolti: Consorzio UNIMAR: Provincia di Agrigento, Ente Parco Nazionale dell’Asinara, Fondazione Cetacea, Area Marina Protetta Isole Egadi, Legambiente, Area Marina Protetta Isole Pelagie.