Convivenza tra lupo e uomo nelle Alpi: i risultati del progetto Cipra

 

Come può essere ottimale la convivenza fra uomo e grandi predatori?
Ci sara mai un adattamento reciproco tra uomini e lupi?

Tra i carnivori che hanno fatto ritorno sulle Alpi il lupo è la specie più diffusa e quindi quella che ha scatenato le più accese discussioni, la sua costante presenza ha inasprito molto i rapporti tra gli attori interessati alla loro presenza, allevatori, politici e ricercatori. Non si parla quasi mai di episodi positivi o di comportamenti virtuosi, adeguati, la narrazione è molto spesso diretta a spaventare, a raccontare il rischio.

L’ultimo progetto Cipra (Commissione Internazionale per la protezione della Alpi) ha analizzato e messo a confronto le diverse gestioni del lupo in italia, Francia, Svizzera, Austria, Slovenia, Germania e Liechtenstein, per capire come e se è possibile la creazione di una strategia relativa alla convivenza fra gli uomini e questo animale che tanto temuto.
Ha evidenziato le sfide sociali, economiche, politiche ed ecologiche di oggi per studiare come affrontare il futuro.

Visto che il lupo rimane un animale da perseguitare, temere, cacciare e uccidere,
– cosa non funziona?
– Quali sono le carenze che si manifestano nelle zone alpine?
– A cosa non viene data abbastanza attenzione?

Dopo aver raccolto esperienze, opinioni e pratiche di pastori, ambientalisti, allevatori, persone di scienza e diversi professionisti (alpicoltura/zootecnia e allevamento/caccia/tutela della fauna selvatica), cercando di prendere in considerazione i diversi livelli di azione (locale, regionale, nazionale, internazionale), la lacuna che è emersa è quella di una comunicazione obiettiva che trasmetta un clima di fiducia e non di pericolo e conflitto, un’informazione che eviti assolutamente atteggiamenti populistici ed emotivi.

Questa comunicazione deve comprendere anche l’educazione sulle realtà della predazione, della pastorizia e dell’agricoltura di montagna in generale.

La protezione del bestiame è la prima chiave per il coadattamento e per una relazione positiva tra uomini e lupi nello spazio alpino. L’implementazione delle misure di protezione del bestiame – in particolare l’impiego di cani da protezione – è un processo di apprendimento complesso e continuo per tutti i soggetti coinvolti (amministrazione, agricoltori, pastori, politici, turisti, cacciatori, guardie forestali, ecc.) e quindi deve essere affrontato al più presto e con la maggior adeguatezza possibile. Il trasferimento delle conoscenze, il sostegno finanziario, la formazione, l’educazione e il supporto scientifico devono essere migliorati nella maggior parte dei paesi.

Qualche esempio

La Svizzera risulta essere un modello, con ormai una storia di 25 anni di convivenza con il lupo, è un esempio di buone pratiche e assume un ruolo di orientamento per altri paesi e regioni.
Si può imparare molto dall’esempio svizzero. Si deve tuttavia considerare che in Svizzera l’agricoltura di montagna, la più esposta alle predazioni, assume uno straordinario significato politico, sociale e culturale.
Vengono erogati molti più sussidi a sostegno dell’agricoltura di montagna rispetto agli altri paesi alpini, anche se solo il 25% circa di tutte le aziende agricole si trova in zone di montagna.6 Oltre a questo, anche i fondi specifici stanziati per misure di protezione, consulenza e monitoraggio sono di gran lunga superiori a qualunque altro Stato alpino.

La Francia non è così efficiente.

L’arrivo dei lupi negli anni ’90 ha colto tutti di sorpresa: servizi tecnici e Stato.
I sistemi di allevamento, abituati all’assenza di predatori, non si sono adattati.

A posteriori, oggi, si può constatare il fallimento delle misure di protezione messe in atto nel 2004. Secondo gli intervistati i lupi si sono adattati rapidamente ai dispositivi di difesa delle greggi (reti elettrificate, sorveglianza costante di uomini e cani da protezione); inoltre gli abbattimenti autorizzati in Francia non sono stati abbastanza flessibili e non adeguati alle realtà della predazione; anche la gestione dei cani da protezione ha mostrato lacune, ad esempio per quanto riguarda il patrimonio genetico, la scarsa educazione dei cani, la mancanza di addestramento o altro sostegno agli allevatori).

In Italia l’arrivo dei lupi nelle Alpi ha modificato considerevolmente le pratiche pastorali, in particolare attraverso l’attuazione di misure di protezione che hanno comportato costi e carichi di lavoro aggiuntivi per i pastori e gli allevatori. I limiti intrinseci del sistema di risarcimento e degli aiuti finanziari per l’attuazione delle misure di protezione è una delle principali questioni critiche segnalate dagli allevatori e dai pastori.
Dalle risposte date alle interviste è risultato comune il malcontento, perchè sembra che le strategie di coadattamento ruotino soprattutto intorno alle questioni della strumentalizzazione politica, della polarizzazione e della mancanza di conoscenza o delle carenze nella trasmissione delle conoscenze sulla protezione delle greggi nelle sue molteplici dimensioni.

 

La carenza di professionalità nella comunicazione con il pubblico può essere contrastata con lo sviluppo e l’attuazione di strategie di comunicazione da parte delle amministrazioni e della politica a livello nazionale e regionale. È inoltre fondamentale e altamente raccomandata una formazione mirata alla comunicazione per i servizi specializzati e l’amministrazione (veterinari ufficiali, consulenti per la protezione del bestiame, addetti agli abbattimenti, guardiacaccia, pastori).

La chiave come al solito è nella diffusione della corretta cultura dei selvatici e dei grandi predatori nella specifico unito alla trasmissione di conoscenza.

QUI per i risultati completi dello studio.

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